Ruderi della stazione abbandonata di Turuñana sulla ferrovia Huesca-Canfranc. La stazione era anche origine della linea dismessa Turuñana-Zuera.
Cielo azzurro, montagne grigie all'orizzonte, campi dorati a perdita d'occhio. Vecchie fattorie sparse qua e là, piste sterrate coperte di polvere bianca, la sagoma di un castello diroccato: Spagna profonda. Due serpenti d'acciaio s'insinuano tra le colline, arroventati da un sole implacabile: sono le anziane rotaie della ferrovia Huesca-Canfranc, quattro treni in tutta la giornata, quando va bene.
Non sono che un puntino bianco in questo spazio immenso: pantaloncini e maglietta immacolate, fazzoletto verde al collo, tenuta da Fiestas de San Lorenzo. Il santo martire nacque da queste parti e la festa patronale è molto sentita. Mi sono ritagliato un pomeriggio per cercare la stazione abbandonata di Turuñana, affascinante rudere sperduto in questo paesaggio che sembra uscito dalle pagine del Don Chisciotte.
Dopo vari chilometri di sterrato, lascio la macchina vicino ad un passaggio a livello e m'incammino a piedi nei campi che bordeggiano la linea. Progressiva chilometrica ventisette e quattrocento metri, misurata dalla Bifurcación Canfranc. Eccomi arrivato. La luce ambrata del pomeriggio ed il calore dell'estate rinfrancano il cuore, ma se non fosse per questo, il posto metterebbe i brividi. Dai buchi neri delle finestre divelte arriva ogni tanto un suono sordo… Forse è il vento che spira leggero dalle colline calve e s'insinua ovunque; o forse è un animale che ha trovato rifugio lì dentro. Parlando di animali, da queste parti sono tornati i lupi, per la disperazione degli allevatori della zona.
Il tempo qui sembra essersi fermato novant'anni fa, nel 1929, quando a Turuñana c'era un bivio per i treni che scendevano dalla stazione internazionale di Canfranc. A sinistra si andava a Saragozza passando per Huesca e Tardienta; a destra si entrava nella nuovissima linea diretta per Saragozza via Zuera, risparmiando quaranta chilometri di percorso. Nel 1970, con la chiusura del tratto francese della linea internazionale, il "moncone" Saragozza-Canfranc restò aperto solo per traffico locale e merci: la scorciatoia Zuera-Turuñana non aveva più senso, dal momento che saltava l'unica città importante della regione, Huesca. Senza quel bivio da gestire, la nostra stazioncina, costruita in mezzo al nulla e priva persino di una strada d'accesso, non serviva più e venne lasciata a se stessa.
I due edifici gemelli della stazione di Turuñana. Nella foto si vede la facciata dal lato opposto al binario.
Il cartello con il nome della stazione di Turuñana, realizzato in piastrelle bianche con scritte azzurre.
In quasi cinquant'anni di abbandono, un filare di quattro begli aceri è cresciuto sul marciapiede di terra battuta, nascondendo alla vista la facciata dei due edifici gemelli. Infatti, per qualche strana ragione, questa minuscola stazione ha due fabbricati disposti in linea, paralleli al binario. Entrambi sono intonacati di bianco al piano terra e hanno mattoni a vista al primo piano. Uno è più lungo, con quattro finestre e una porta al piano terreno; l'altro ha due finestre e una porta. La costruzione più grande ha l'onore di riportare sulla facciata la scritta «TURUÑANA», in lettere azzurre su piastrelle bianche. I tetti in coppi sono ancora integri.
Aspetto del binario presso la stazione di Turuñana. La rotaia in alto è del 1928. Notare la giunzione a ganasce con sei chiavarde e l'attacco diretto alle traversine con i caratteristici chiodi detti "caviglie".
Mentre aspetto il passaggio dei due treni del pomeriggio, mi soffermo sul binario, un autentico fossile vivente, malconcio ma bellissimo da vedere. Rotaie con attacco diretto a caviglie; giunzioni con ganasce e chiavarde; traversine in legno con chiodi di millesimo degli anni Settanta. Rotaie del 1928, anno in cui Miguel Primo de Rivera inaugurava pomposamente la linea transpirenaica. Lui sarebbe morto due anni dopo, i binari sono ancora qua. Hanno resistito alla guerra civile, a quella mondiale e pure a quella fredda, ma per passarci sopra i treni rallentano fino a sessanta all'ora.
Passano i due treni del pomeriggio: prima quello in direzione Canfranc, poi una mezz'ora dopo il Saragozza. Entrambi sono effettuati con una coppia di automotrici diesel serie 596, soprannominate «Tamagochi». Materiale CAF con motori Fiat, residuati dei favolosi anni Ottanta quando ancora la Fiat non aveva nulla a che spartire con Chrysler e faceva treni fantastici. Complice una buona manutenzione e un ammodernamento negli anni Novanta, dimostrano molti meno anni di quanti ne abbiano; comunque confrontati con il resto del paesaggio sembrano dischi volanti.
Tracce del bivio per Zuera nella stazione di Turuñana. In primo piano leve di manovra dei deviatoi, sullo sfondo il sottopasso della ferrovia ed il tetto della fattoria di Turuñana.
Cerco le tracce della vecchia linea per Zuera. Il primo indizio è una serie di leve metalliche sul marciapiede. Immagino servissero per la manovra dello scambio e dei rispettivi segnali meccanici. Alzando lo sguardo si vede in lontananza il ponticello sotto cui passava il binario: serviva per accedere alla masseria, ora anch'essa disabitata, che ha dato il nome alla stazione. Il tratto iniziale della linea proseguiva in rettilineo ma, a colpo d'occhio, presentava una notevole pendenza. Non c'è più traccia del deviatoio e le rotaie sono state tolte, tuttavia resta qualche malconcia traversina nascosta tra le sterpaglie.
Panorama della zona di Turuñana. Si nota sulla sinistra la trincea della ferrovia per Zuera, al centro il sottopasso, attraverso cui si intravede il bianco del muro della stazione. Subito a destra la fattoria di Turuñana e più a destra il passaggio a livello.
Mi metto in cammino verso sud, attraversando il passaggio a livello vicino a dove ho parcheggiato l'auto. In questo punto la linea per Huesca prende una decisa curva a sinistra e sovrappassa il Barranco de Loscorrales con un ponticello a tre archi; la linea di Zuera continua invece la sua ascesa appoggiata al fianco di una scarpata, per poi infilarsi in trincea. Proseguo lungo la strada in salita ed arrivo ad un altopiano su cui riemerge la trincea della ferrovia. Su una collina all'orizzonte si vedono le rovine del castello di Artasona: verrebbe voglia di camminare fin lì, ma il sole è sempre più basso. È ora di lasciare quest'angolo di campagna antica e selvaggia e tornare a Huesca.
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