Fabbricato viaggiatori ed ingresso della stazione internazionale di Canfranc, nella valle dell'Aragón.
C'è un famoso quadro di Magritte, Il castello dei Pirenei, che mi viene in mente quando ripenso a Canfranc. Un luogo surreale, isolato dal mondo, sperduto tra scure montagne. Come l'isola del quadro, l'immensa stazione è lì in bilico, sospesa tra un passato prestigioso, un presente spettrale ed un futuro di promesse disattese.
Ne sentii parlare la prima volta da una zia di mia moglie che vive a Huesca, nel nord dell'Aragona: «Se ti piacciono i treni» disse «devi assolutamente venire dalle mie parti a vedere Canfranc». Un paio d'anni dopo, nell'aprile del 2016, approfittiamo di una breve vacanza a Saragozza per visitare questa incredibile stazione. In una giornata nuvolosa risaliamo le valli del Pireneo da Huesca a Jaca e poi ancora più in alto, verso la frontiera con la Francia.
Arriviamo in una stretta valle innevata, circondata da alte montagne con i fianchi bruni e le cime nascoste da candide nuvole; da lassù un severo forte d'artiglieria sorveglia il valico. Ed eccola, Canfranc: più che una stazione pare una dimora reale magicamente calata nel mezzo dei binari. Immensa la facciata color della pietra, con la sua perfetta geometria di centinaia di porte e finestre. Il tetto grigio e spiovente, con la sua cupola e le sue guglie, sembra quello di un palazzo parigino.
Non c'è ombra d'uomo nella stazione di Canfranc: solo il buio delle finestre sbarrate, il lugubre filare arrugginito dei pali della pensilina, la neve che ammanta ogni cosa. Ci arriva un treno al giorno, una miserabile automotrice che si ferma su un binario morto, lontano dal fabbricato viaggiatori.
La facciata orientale del fabbricato viaggiatori della stazione di Canfranc si affaccia sul fascio di binari francese.
C'è tutto un rituale per entrare: superiamo un ponte dalle eleganti balaustre ed entriamo in un piccolo edificio tutto vetrate. Dentro ci attende la guida, che ci fa indossare elmetti antinfortunistici. Così bardati, scendiamo in un sottopasso rivestito di marmo bianco e riemergiamo nel maestoso vestibolo della stazione, l'unico ambiente che sia stato messo in sicurezza e che sia aperto al pubblico.
Qui, tra le pareti scrostate, sotto una pioggia di luce che entra dalle immense vetrate, nel gelo di questa mattinata nevosa, la guida inizia a raccontare l'affascinante storia di Canfranc. Nel 1904 Francia e Spagna siglarono un accordo per la costruzione di una linea ferroviaria internazionale che collegasse Pau a Saragozza attraversando i Pirenei.
Si decise di costruire la stazione di confine a Canfranc, sul versante spagnolo, proprio allo sbocco della galleria di valico di Somport. Il corso del fiume Aragón fu deviato su un lato della valle e il materiale di scavo del tunnel venne utilizzato per creare un immenso terrapieno. Il gigantesco fabbricato viaggiatori è circondato dai binari da entrambi i lati, dal momento che la sua funzione principale non era tanto l'accesso al paesino, quanto piuttosto il trasbordo dei passeggeri. Infatti le due amministrazioni ferroviarie usavano scartamenti e sistemi di elettrificazione differenti, cosa che imponeva una rottura di carico. Altrettanto importanti erano ovviamente gli uffici doganali delle due nazioni.
Fascio di binari con scartamento ordinario delle ferrovie francesi. Si notano ancora i pali della trazione elettrica tipici della Compagnie des Chemins de Fer du Midi.
La stazione venne inaugurata in pompa magna nel 1928, ma il traffico sulla linea fu in realtà sempre piuttosto scarso. Gli altri due valichi ferroviari tra Francia e Spagna, Hendaya e Port Bou, avevano infatti il vantaggio di trovarsi a livello del mare, mentre per arrivare qui i treni dovevano arrancare fino a quota 1194. Per contro l'altezza e il clima fresco la rendevano adatta al trasporto di derrate alimentari, anche se bisognava prestare attenzione alle gelate.
Canfranc conobbe il suo momento di gloria durante la seconda guerra mondiale, quando rimase l'unico valico ferroviario aperto tra i due Paesi. Dopo l'occupazione nazista della Francia, una guarnigione tedesca si insediò nella parte francese della stazione, che fu al centro di oscuri traffici ed intrighi spionistici. Da Canfranc passarono carichi di tungsteno, materiale indispensabile alla fabbricazione dei carri armati, che la Spagna esportava in violazione agli accordi internazionali. I tedeschi li pagavano in lingotti d'oro, anch'essi trasferiti via ferrovia.
D'altra parte la Resistenza francese disponeva di un insospettabile alleato: il capo della dogana Albert Le Lay. Grazie alla sua posizione, Le Lay coprì la fuga di un paio di centinaia di ebrei e facilitò il collegamento tra il movimento antinazista francese e le spie inglesi in Spagna.
Dopo la fine della guerra, la ferrovia transpirenaica o "Canfranero" conobbe un costante declino. Per tre anni la linea fu chiusa del tutto, poi l'esercizio riprese stentatamente. Il traffico conobbe un effimero picco grazie treni dei pellegrini del 1958, anno del centenario delle apparizioni di Lourdes. Negli anni Sessanta la situazione peggiorò ulteriormente per via dei tagli alla manutenzione sul versante francese.
Il 27 marzo 1970 avvenne l'incidente ferroviario che segnò per sempre le sorti della stazione, la lasciandola nel limbo in cui si trova tuttora. Quella mattina un treno merci proveniente da Pau stava affrontando il tratto più acclive della linea, tra Bedous e Canfranc. Era composto dalle locomotive elettriche BB4227 e BB4235 e da nove carri carichi di mais. La vetusta sottostazione elettrica di Urdos era saltata per via del ghiaccio, per cui la tensione sulla catenaria era di soli novecento volt invece dei normali millecinquecento. La brina rendeva scivolosi i binari.
Poco dopo aver passato la fermata di Lescun Cette-Eygun, su una rampa del trentacinque per mille, le due locomotive elettriche cominciarono a patinare. Il convoglio era bloccato ed i macchinisti, in preda alla disperazione, commisero una fatale imprudenza: scesero entrambi dalla locomotiva per gettare ghiaia sulle rotaie. All'improvviso il treno cominciò a scendere a valle senza nessuno a bordo; anche la sottostazione elettrica di Forges d'Abel saltò, privandolo della frenatura elettrica.
Secondo i resoconti dell'epoca, transitò nella stazione di Lescun Cette-Eygun a cento chilometri all'ora, attraversò un passaggio a livello aperto ed infine deragliò distruggendo il ponte dell'Estanguet e finendo la sua corsa sul greto del torrente Aspe. Le ferrovie francesi, che da tempo consideravano la linea un ramo secco, colsero l'occasione per chiuderla. Dapprima fu sospeso il servizio sulla Bedous-Canfranc e poi anche sulla Oloron-Bedous. La linea rimase aperta sul versante spagnolo, ma ovviamente il traffico crollò ulteriormente.
Treno merci ai silos di Canfranc. Il trasporto dei cereali rappresenta oggi una delle principali fonti di traffico per linea Huesca-Canfranc.
A partire dal 2000 si è cominciato a parlare di una riapertura di questo collegamento: un primo passo in questo senso è stato l'ammodernamento della Pau-Oloron e la riapertura nel 2016 della Oloron-Bedous. Per il tratto Bedous-Canfranc si parlava di una riapertura nel 2020 ma i lavori non sono ancora iniziati.
Terminata la visita guidata, decido di esplorare la zona per conto mio. Vago per un'ora nello sterminato piazzale, affondando i piedi nella neve e nel fango. Ecco il portale monumentale del tunnel di Somport, ecco i magazzini, collegati da misteriosi sottopassi. I vecchi pali dell'elettrificazione, consumati dalla ruggine, vegliano ancora sulla zona francese del piazzale; un solitario treno merci carica cereali dagli alti silos. La gru a ponte per il trasbordo delle merci è ormai immobile da anni. Le carcasse di decine di vagoni e carri giacciono abbandonate e semidistrutte dal tempo.
Il viaggio è stato lungo, ma certamente è valsa la pena di venire fino a qui, nel cuore delle montagne a respirare l'atmosfera di questa stazione d'altri tempi, testimone di un'epoca.
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