Tra le popolazioni dell'alto varesotto è ancora vivo il ricordo della battaglia del Monte San Martino. L'otto settembre 1943, giorno in cui fu reso pubblico l'armistizio di Cassibile, un gruppo di militari del presidio di Porto Valtravaglia decisero di schierarsi con il Governo Badoglio. Lo fecero soprattutto per iniziativa del Tenente Colonnello Carlo Croce, che aveva combattuto nella campagna di Russia ed era stato testimone delle violenze contro la popolazione locale.
Scelsero il nome di "Gruppo Cinque Giornate" per la loro formazione e cominciarono a fare incetta di armi e munizioni nelle caserme locali, in cui regnava ormai il caos. Decisero poi di rifugiarsi sul San Martino, l'impervio massiccio montuoso che separa il Lago Maggiore dalla Valcuvia. Pensavano di resistere lì fino all'arrivo degli Alleati. Conoscevano bene quel territorio e soprattutto il sistema di fortificazioni della Linea Cadorna, costruite durante la Prima Guerra Mondiale in previsione di un attacco tedesco dal Nord.
Chiesetta di San Martino in Culmine, distrutta dai tedeschi durante la battaglia e successivamente ricostruita.
Il gruppo ricevette l'appoggio del Comitato di Liberazione Nazionale dell'Alta Italia che inviò militanti a rinforzare la guarnigione; stando ai documenti dell'OSS, presero contatto anche con i servizi segreti statunitensi, che li giudicarono preparati per azioni di sabotaggio ai danni della strategica linea ferroviaria Novara - Pino Tronzano.
La Repubblica Sociale Italiana adottò inizialmente una posizione attendista, limitandosi ad investigare segretamente sul gruppo. Ne furono identificati i membri ed i fiancheggiatori tra la popolazione locale. Il CLN di Varese cominciò a nutrire forti dubbi sulla strategia scelta da Croce e suggerì di tenere una posizione più di basso profilo: concentrarsi su azioni di guerriglia invece che sulla difesa ad oltranza di una posizione fissa.
Nel novembre del 1943 la Repubblica Sociale e l'esercito tedesco erano ormai pronti all'attacco frontale contro il Gruppo Cinque Giornate. Membri del CLN tentarono una mediazione, ma Croce rifiutò categoricamente di deporre le armi «finché l'ultimo tedesco non avesse lasciato l'Italia». Il 15 novembre la battaglia del Monte San Martino ebbe inizio: mentre le colonne nazifasciste si facevano strada verso i paesini di Arcumeggia, Duno e Mesenzana, ostacolate dagli attacchi dei partigiani, la Luftwaffe bombardò la zona, perdendo però uno dei tre Stuka impegnati nell'operazione. Secondo il resoconto di un testimone, venne abbattuto da una mitragliatrice Breda brandeggiata da ben quattro uomini.
Le truppe tedesche cominciarono a risalire le pendici del monte subendo ingenti perdite, ma per i difensori non c'era chiaramente speranza. Una trentina di uomini venne catturata e fucilata. Gli altri si dileguarono nei boschi e nei cunicoli della Linea Cadorna, trovando riparo in Svizzera. Tra questi figura anche Croce, il quale sarebbe stato torturato ed ucciso l'anno seguente, dopo aver tentato di rientrare in Italia.
L'esercito tedesco fece tabula rasa delle postazioni ribelli, distruggendo anche la chiesetta medievale di San Martino in culmine. Negli anni Sessanta si decise di ricostruire la chiesetta e di creare un sacrario in memoria dei caduti del Gruppo Cinque Giornate.
Di fronte alla stele si trova il sacrario vero e proprio, con l'altare e le tombe dei partigiani morti nella battaglia o giustiziati dopo la cattura.
Ai lati dell'altare sono disposti quarantaquattro loculi con i resti del comandante Carlo Croce e dei suoi compagni di lotta.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.