Nella religione musulmana, molte rivelazioni che Dio fa scendere sul Profeta Maometto riguardano eminenti personaggi dell'Antico e del Nuovo testamento, tra cui Maria e suo figlio Gesù. Tali rivelazioni in alcuni casi confermano ed in altri smentiscono le notizie che troviamo nella Bibbia e nei vangeli apocrifi.
Voglio fare una importante premessa. Per l'Islam il contenuto del Corano è parola di Dio, discesa su Maometto e successivamente trascritta. Non è quindi corretto, ed anzi sarebbe ingiurioso per la fede islamica, asserire che il Corano abbia avuto delle fonti letterarie. Per i musulmani, se ci sono analogie tra il testo evangelico e quello coranico, esse sono dovute al fatto che entrambi sono ispirati da Dio; laddove invece vi siano delle differenze, è perché tanto gli Ebrei quanto i Cristiani hanno frainteso o manipolato il messaggio originale dei profeti, finendo quindi per inserire errori nei loro rispettivi testi sacri.
In questo articolo non è assolutamente mia intenzione contestare questa verità di fede. Mi limiterò a mostrare i punti di contatto e quelli di divergenza tra il Corano ed alcuni vangeli apocrifi.
Relativamente alla figura di Maria (Maryam in arabo), ci sono interessanti concordanze tra la narrazione dei vangeli apocrifi e quella coranica. Nella sura III "La famiglia di Imrân" troviamo il racconto della sua nascita:
Quando la moglie di Imrân disse: «Mio Signore, ho consacrato a Te, e solo a Te, quello che è nel mio ventre. Accettalo da parte mia. In verità Tu sei Colui Che tutto ascolta e conosce!».
Poi, dopo aver partorito, disse: «Mio Signore, ecco che ho partorito una femmina»: ma Allah sapeva meglio di lei quello che aveva partorito. «Il maschio non è certo simile alla femmina! L'ho chiamata Maria e pongo lei e la sua discendenza sotto la Tua protezione, contro Satana il lapidato.»
L'accolse il suo Signore di accoglienza bella, e la fece crescere della migliore crescita. L'affidò a Zaccaria e ogni volta che egli entrava nel santuario trovava cibo presso di lei. Disse: «O Maria, da dove proviene questo?». Disse: «Da parte di Allah». In verità Allah dà a chi vuole senza contare.
Il Corano dunque dà credito alla tradizione secondo cui Maria sarebbe stata affidata al Tempio durante la sua infanzia, tradizione che trova ampio spazio nel protovangelo di Giacomo.
Ecco, un angelo del Signore le apparve, dicendole: «Anna, Anna! Il Signore ha esaudito la tua preghiera; tu concepirai e partorirai. Si parlerà in tutta la terra della tua discendenza». Anna rispose: «Com'è vero che il Signore, mio Dio, vive, se io partorirò, si tratti di maschio o di femmina, l'offrirò in voto al Signore mio Dio, e lo servirà per tutti i giorni della sua vita» [...]
Si compirono intanto i mesi di lei. Nel nono mese Anna partorì e domandò alla levatrice: «Che cosa ho partorito?». Questa rispose: «Una bambina». «In questo giorno — disse Anna — è stata magnificata l'anima mia», e pose la bambina a giacere. Quando furono compiuti i giorni, Anna si purificò, diede poi la poppa alla bambina e le impose il nome Maria [...]
Maria era allevata nel tempio del Signore come una colomba, e riceveva il vitto per mano di un angelo.
Anche l'Islam attribuisce a Maria una maternità verginale, infatti sempre nella sura III ritroviamo l'episodio dell'Annunciazione:
E quando gli angeli dissero: «In verità, o Maria, Allah ti ha eletta; ti ha purificata ed eletta tra tutte le donne del mondo.
O Maria, sii devota al tuo Signore, prosternati e inchinati con coloro che si inchinano».
Ti riveliamo [a Maometto, n.d.r.] cose del mondo invisibile, perché tu non eri con loro quando gettarono i loro calami per stabilire chi dovesse avere la custodia di Maria e non eri presente quando disputavano tra loro.
Quando gli angeli dissero: «O Maria, Allah ti annuncia la lieta novella di una Parola da Lui proveniente: il suo nome è il Messia, Gesù figlio di Maria, eminente in questo mondo e nell'Altro, uno dei più vicini.
Dalla culla parlerà alle genti e nella sua età adulta sarà tra gli uomini devoti».
Ella disse: «Come potrei avere un bambino se mai un uomo mi ha toccata?». Disse: «È così che Allah crea ciò che vuole: quando decide una cosa dice solo 'Sii', ed essa è».
Lo stesso episodio viene riportato anche nella sura XIX "Maryam":
Ricorda Maria nel Libro, quando si allontanò dalla sua famiglia, in un luogo ad oriente.
Tese una cortina tra sé e gli altri. Le inviammo il Nostro Spirito che assunse le sembianze di un uomo perfetto.
Disse [Maria]: «Mi rifugio contro di te presso il Compassionevole, se sei [di Lui] timorato!».
Rispose: «Non sono altro che un messaggero del tuo Signore, per darti un figlio puro».
Disse: «Come potrei avere un figlio, ché mai un uomo mi ha toccata e non sono certo una libertina?».
Rispose: «È così. Il tuo Signore ha detto: "Ciò è facile per Me... Faremo di lui un segno per le genti e una misericordia da parte Nostra. È cosa stabilita"».
Lo concepì e, in quello stato, si ritirò in un luogo lontano.
Come si vede, il racconto non si discosta molto da quello di Luca:
Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.
Notiamo una grande somiglianza fra questi testi, seppure con l'enorme differenza relativa alla natura di Gesù, che è "Figlio dell'Altissimo" nel vangelo mentre è un uomo creato da Dio nel Corano, per quanto "eminente in questo mondo e nell'Altro". Notare anche la solitudine della Maria coranica, che dopo l'annuncio si ritira in un luogo lontano, mentre quella del Vangelo comunicherà la notizia al suo promesso sposo e resterà sempre unita a lui.
Ma proseguiamo nel racconto. Nel Corano, così come nel protovangelo di Giacomo, gli Ebrei dubitano della maternità verginale di Maria. È però interessante notare che il testo islamico colloca questo episodio dopo la nascita di Gesù, mentre in quello cristiano avviene prima. Inoltre nel protovangelo l'accusa è mossa tanto a Maria quanto a Giuseppe, mentre nel Corano quest'ultimo non viene nemmeno menzionato.
Tornò dai suoi portando [il bambino]. Dissero: «O Maria, hai commesso un abominio!
O sorella di Aronne, tuo padre non era un empio, né tua madre una libertina».
Analogamente nel protovangelo di Giacomo:
Il sacerdote disse: «Perché hai fatto questo, Maria? Perché hai avvilito la tua anima e ti sei dimenticata del Signore tuo Dio, tu che sei stata allevata nel santo dei santi e ricevevi il cibo dalla mano di un angelo, che hai udito gli inni sacri e hai danzato davanti a Lui? Perché hai fatto questo?». Ma essa pianse amaramente, dicendo: «Come è vero che vive il Signore, mio Dio, io sono pura dinanzi a lui e non conosco uomo». A Giuseppe disse il sacerdote: «Perché hai fatto questo?». Giuseppe rispose: «Come è vero che vive il Signore, mio Dio, io sono puro a suo riguardo». Disse il sacerdote: «Non dire falsità, dì la verità: hai carpito fraudolentemente le sue nozze e non l'hai fatto sapere ai figli di Israele; non hai chinato il capo sotto la mano potente affinché la tua discendenza fosse benedetta».
Nel Corano l'accusa viene smentita grazie ad un segno divino: è lo stesso bambino Gesù a parlare dalla culla:
Maria indicò loro [il bambino]. Dissero: «Come potremmo parlare con un infante nella culla?»,
[Ma Gesù] disse: «In verità, sono un servo di Allah. Mi ha dato la Scrittura e ha fatto di me un profeta.
Mi ha benedetto ovunque sia e mi ha imposto l'orazione e la decima finché avrò vita,
e la bontà verso colei che mi ha generato. Non mi ha fatto né violento, né miserabile.
Pace su di me, il giorno in cui sono nato, il giorno in cui morrò e il Giorno in cui sarò resuscitato a nuova vita».
Invece nel protovangelo è il sacerdote del tempio a sottoporre i promessi sposi sposi alla prova delle acque amare. Tuttavia l'episodio di Gesù che parla dalla culla è presente in un altro apocrifo, il Vangelo Arabo dell'Infanzia. Nonostante le analogie, Gesù dice due cose ben diverse: "sono un profeta" nel Corano e "sono il figlio di Dio" nell'apocrifo.
Quanto segue l'abbiamo trovato scritto nel libro del pontefice Giuseppe vissuto al tempo di Cristo; alcuni dicono che egli sia Caifa. Egli disse che Gesù parlò quando era ancora nella culla e disse a sua madre Maria: «Io sono Gesù figlio di Dio, il Logo, da te generato secondo quanto ti aveva annunziato l'angelo Gabriele. Mio padre mi ha inviato per la salvezza del mondo».
Nella sura XIX "Maryam" troviamo anche il racconto della nascita di Gesù. Qui la questione è davvero interessante: il Corano si discosta dalla scena della natività presente in Luca e nel protovangelo di Giacomo. Maryam si ritira nel deserto e partorisce in solitudine, ai piedi di una palma. Dopo la nascita, una voce, probabilmente quella dello stesso Gesù, la consola, mentre per placare la sua sofferenza la palma le offre i suoi datteri e dalle sue radici scaturisce un ruscello di acqua fresca.
I dolori del parto la condussero presso il tronco di una palma. Diceva: «Me disgraziata! Fossi morta prima di ciò e fossi già del tutto dimenticata!».
Fu chiamata da sotto: «Non ti affliggere, ché certo il tuo Signore ha posto un ruscello ai tuoi piedi;
scuoti il tronco della palma: lascerà cadere su di te datteri freschi e maturi.
Mangia, bevi e rinfrancati. Se poi incontrerai qualcuno, di': "Ho fatto un voto al Compassionevole e oggi non parlerò a nessuno"».
Nel vangelo dello pseudo-Matteo, redatto posteriormente al Corano, troviamo un episodio analogo, riferito però alla fuga in Egitto. Qui la Sacra Famiglia è in viaggio nel deserto quando il piccolo Gesù, scorgendo la sofferenza di Giuseppe e Maria, compie il prodigio della palma consolatrice. L'episodio, che diventerà noto come "riposo durante la fuga in Egitto" diventerà un motivo classico nella pittura, ripreso da artisti quali Federico Barocci, Carlo Saraceni, Giovan Battista Bolognini e soprattutto il Caravaggio.
Nel terzo giorno di viaggio, gli altri camminavano, ma la beata Maria stanca per il troppo calore del sole del deserto e vedendo un albero di palma disse a Giuseppe: «Mi riposerò alquanto all'ombra di quest'albero». Giuseppe dunque la condusse premuroso dalla palma e la fece discendere dal giumento. Sedutasi, la beata Maria guardò la chioma della palma, la vide piena di frutti e disse a Giuseppe: «Desidererei, se possibile, prendere dei frutti di questa palma». Giuseppe le rispose: «Mi meraviglio che tu dica questo, e che, vedendo quanto è alta questa palma, tu pensi di mangiare dei suoi frutti. Io penso piuttosto alla mancanza di acqua: è già venuta meno negli otri e non abbiamo onde rifocillare noi e i giumenti».
Allora il bambino Gesù, che riposava con viso sereno sul grembo di sua madre, disse alla palma: «Albero, piega i tuoi rami e ristora mia mamma con il tuo frutto». A queste parole, la palma piegò subito la sua chioma fino ai piedi della beata Maria; da essa raccolsero i frutti con i quali tutti si rifocillarono. Dopo che li ebbero raccolti tutti, la palma restava inclinata aspettando, per drizzarsi, il comando di colui al cui volere si era inclinata. Gesù allora le disse: «Palma, alzati, prendi forza e sii compagna dei miei alberi che sono nel paradiso di mio padre. Apri con le tue radici la vena di acqua che si è nascosta nella terra, affinché da essa fluiscano acque a nostra sazietà». La palma subito si eresse, e dalla sua radice incominciò a scaturire una fonte di acque limpidissime oltremodo fresche e chiare. Vedendo l'acqua sorgiva si rallegrarono grandemente e si dissetarono con essi anche tutti i giumenti e le bestie. Resero quindi grazie a Dio.
Il giorno dopo partirono di là. Quando incominciarono il cammino, Gesù si rivolse alla palma e disse: «Palma, ti do il privilegio, che uno dei tuoi rami sia trasportato dai miei angeli e piantato nel paradiso di mio padre. Ti conferisco la benedizione che a tutti coloro che lottano e vincono, si dica: sei giunto alla palma della vittoria». Mentre diceva questo, l'angelo del Signore apparve dritto sulla palma e, preso uno dei suoi rami, volò al cielo con il ramo in mano. Ciò vedendo, tutti caddero con la faccia a terra e restarono come morti. Gesù, rivolto a loro, disse: «Perché la paura ha afferrato il vostro cuore? Non sapete che la palma che io feci trasferire in paradiso, sarà nel luogo di delizie a disposizione di tutti gli uomini santi, come fu a disposizione nostra in questo luogo solitario?». Quelli, allora, tutti pieni di gioia, divennero forti, e si alzarono.
Nonostante neghi la natura divina di Gesù, il Corano non smentisce i miracoli a lui attribuiti, ma semplicemente li considera opera di Dio stesso:
E [ne farà un] messaggero per i figli di Israele [che dirà loro]: In verità, vi reco un segno da parte del vostro Signore. Plasmo per voi un simulacro di uccello nella creta e poi vi soffio sopra e, con il permesso di Allah, diventa un uccello. E per volontà di Allah, guarisco il cieco nato e il lebbroso, e resuscito il morto.
Tra i miracoli citati, gli ultimi tre sono attestati nei vangeli canonici, mentre quello dell'uccello di argilla che prende vita è citato negli apocrifi. Lo troviamo nel Vangelo dell'Infanzia di Tommaso:
Gesù e i passeri. All'età di cinque anni questo ragazzo stava giocando sul greto di un torrente: raccoglieva in fosse le acque che scorrevano e subito le rendeva limpide comandandole con la sola sua parola. Impastando argilla molle, fece dodici passeri. Quando fece questo era un giorno di sabato. C'erano pure tanti ragazzi che giocavano con lui.
Un ebreo vedendo quanto faceva Gesù giocando di sabato, andò subito a riferirlo a suo padre Giuseppe: «Ecco, tuo figlio è al ruscello; ha preso dell'argilla e ne ha formato dodici uccellini, profanando il sabato».
Giuseppe, recatosi sul posto, vide e lo sgridò dicendo: «Perché di sabato hai fatto queste cose che non è lecito fare?». Ma Gesù, battendo le mani, gridò ai passeri dicendo loro: «Andate!». E i passeri se ne volarono via cinguettando.
Lo stesso episodio è ripreso da numerosi apocrifi successivi, tra cui il Vangelo dello pseudo-Matteo, il Vangelo Arabo dell'Infanzia ed infine il Vangelo Armeno dell'Infanzia. In quest'ultimo i passeri da dodici si riducono a uno, come nel Corano.
«State attenti qui tutti, allora. Guardate!» disse Gesù. E prese in mano dell'argilla e fece un passero, soffiò, e quello volò via.
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