Gli affreschi di Castelseprio

Un capolavoro assoluto della pittura medievale in una chiesetta sperduta in mezzo ai boschi del Varesotto. Un artista orientale, cresciuto alla scuola di Bisanzio, venuto fin qui a dipingerli. Le scene di un vangelo apocrifo che campeggiano dietro l'altare. La tomba di un illustre giurista milanese in un angolo. Molte cose nella piccola chiesetta di Santa Maria Foris Portas a Castelseprio sembrano in apparenza fuori posto. Per svelare i misteri di questo luogo dovremo riaprire una pagina di storia antica: la decadenza dell'Impero Romano, le invasioni barbariche, le controversie dottrinali dei primi secoli del Cristianesimo fanno da sfondo alla realizzazione di questa incredibile opera.

La scoperta degli affreschi

[Chiesa di Santa Maria Foris Portas a Castelseprio.]

Facciata della chiesa di Santa Maria Foris Portas a Castelseprio.

La tomba nella chiesa riporta il nome di Giampiero Bognetti, e c'è un'ottima ragione per cui è sepolto qui: fu lui a scoprire il meraviglioso ciclo di affreschi medievali che decora l'abside. Certo la scoperta fu fortuita, ma Bognetti non arrivò a Santa Maria Foris Portas per caso: per dirla con Pasteur, "la fortuna favorisce la mente preparata".

Docente universitario di storia del diritto, aveva studiato a lungo la storia dei Longobardi, il popolo germanico che invase l'Italia nel 568 ponendo fine al sogno giustinianeo di restaurare l'Impero Romano. Una volta in Italia, i "barbari" avevano gradualmente abbandonato i loro usi e costumi, venendo per così dire assimilati dalla società e dalla cultura tardo-romana.

In quell'epoca Castelseprio divenne un centro militare di enorme importanza: alta sulla valle dell'Olona, la città fortificata controllava una delle più importanti vie di comunicazione tra la Lombardia e la Germania. I suoi domini si estendevano fino al Lago Maggiore a Ovest, al Lago di Como ad Est ed alle valli d'Intelvi a Nord.

Nel Milleduecento, Castelseprio, che era in mano alla famiglia dei Torresi, divenne una minaccia per la famiglia rivale dei Visconti, che aveva preso il potere a Milano. Una notte di primavera del 1287, le truppe di Ottone Visconti circondarono Castelseprio e la presero d'assalto. Superiori in numero e aiutate dal tradimento di alcuni forestieri, i milanesi ebbero rapidamente la meglio. Ottone ordinò di radere al suolo la città e vietò di costruire qualsiasi edificio sulla cima di quella collina. A quella devastazione sopravvissero solo gli edifici di culto, tra cui una vecchia chiesetta di campagna, Santa Maria Foris Portas.

Nel 1944 un gruppo di studiosi organizzò una spedizione a Castelseprio per raccogliere materiale per un libro sulla storia di Milano. Pensarono di invitare anche Bognetti, che già era stato sul luogo. Fu proprio questi ad insistere per visitare la chiesa di Santa Maria Foris Portas, che trovò in uno stato di pietoso abbandono.

Enorme fu però il suo stupore quando si accorse che, dietro ad un mediocre affresco del Quattrocento, affioravano frammenti di uno molto più antico, di straordinaria bellezza. Oggi è considerato uno dei massimi capolavori della pittura europea alto-medievale.

Gli affreschi e la religione dei Longobardi

[Il Cristo Pantocratore, affresco della chiesa di Santa Maria Foris
Portas a Castelseprio]

La figura del Cristo Pantocratore si trova al centro del ciclo di affreschi di Santa Maria Foris Portas. Questo motivo, molto diffuso nell'arte bizantina, simboleggia la natura divina di Cristo, rappresentato nell'atto di benedire con la mano destra mentre nella sinistra reca il Nuovo Testamento.

Gli affreschi di Castelseprio sono una testimonianza storica molto importante. Risalgono probabilmente al secolo VIII o IX, un periodo che vede la progressiva conversione dei popoli germanici dall'Arianesimo alla fede cattolica. Questa tendenza culminerà con la fondazione del Sacro Romano Impero ad opera del re dei Franchi Carlomagno.

Per capire meglio i termini della questione dobbiamo fare un passo indietro fino al IV secolo, quando la Chiesa visse uno dei suoi momenti di divisione più tragici. Ario, un prete di Alessandria d'Egitto, aveva iniziato a predicare che Cristo, pur essendo una persona della Trinità, non poteva avere la stessa sostanza di Dio Padre. Portando il ragionamento all'estremo, concluse che Cristo doveva essere stato creato da Dio, e quindi non era propriamente Dio.

L'Arianesimo venne condannato nel 325 dal Concilio ecumenico di Nicea, durante il quale si stabilì che nella persona di Cristo si realizza l'unione della natura divina e di quella umana, ciascuna delle quali mantiene le sue proprietà; inoltre Cristo era della stessa sostanza del Padre, quindi Dio a tutti gli effetti.

Il Credo di Nicea, ancor'oggi recitato da tutti i fedeli durante ogni messa, così riassume la questione cristologica:

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo,
Unigenito Figlio di Dio,
nato dal Padre prima di tutti i secoli:
Dio da Dio, Luce da Luce,
Dio vero da Dio vero,
generato, non creato,
della stessa sostanza del Padre;
per mezzo di Lui tutte le cose
sono state create.
Per noi uomini e per la nostra salvezza
discese dal cielo,
e per opera dello Spirito Santo
si è incarnato nel seno della Vergine Maria
e si è fatto uomo.
Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato,
morì e fu sepolto.
Il terzo giorno è risuscitato,
secondo le Scritture,
è salito al cielo, siede alla destra del Padre.
E di nuovo verrà, nella gloria
per giudicare i vivi e i morti,
e il suo regno non avrà fine.

Gli affreschi di Santa Maria Foris Portas sono una raffigurazione del credo di Nicea: la natura divina di Cristo è rappresentata da una grande immagine del Cristo Pantocratore. Una serie di scene evangeliche (tra cui Annunciazione, Visitazione, Natività ed Adorazione dei Magi) richiamano il dogma dell'Incarnazione. Infine il dipinto dell'etimasìa (un trono vuoto con le insegne di Cristo) prefigura il Giudizio Universale. Il committente voleva quindi dare un chiaro segnale di adesione al Cattolicesimo e di condanna dell'Arianesimo.

[Etimasia. Affresco nella chiesa di Santa Maria Foris Portas a Castelseprio]

Sul retro dell'arco di trionfo troviamo questa rappresentazione dell'etimasia (dal greco ετοιμασία, "preparazione"). Il trono vuoto sormontato da libro, corona e croce è quello su cui siederà Cristo nel giorno del Giudizio Universale. Ai lati due angeli, ciascuno con una lancia ed un globo sormontato da una croce.

Come mai i Longobardi erano ariani? Anche questa è una storia ricca di fascino. Nonostante la condanna del 325, l'Arianesimo rimase molto vitale. Peraltro uno dei suoi esponenti di spicco era il vescovo Eusebio di Nicomedia, che, essendo imparentato con l'imperatore Costantino, aveva un'enorme influenza a corte. In quello stesso periodo il popolo germanico dei Goti si era stanziato nell'attuale Bulgaria e premeva sui confini dell'Impero. Un Goto chiamato Ulfila (diminutivo di Wulf, lupo) venne mandato a Costantinopoli come ambasciatore.

Ulfila era un personaggio molto interessante: discendente di cittadini romani, parlava Latino, Greco e Germanico. A Costantinopoli frequentò gli ambienti ariani. Eusebio di Nicomedia vide in lui la persona ideale per evangelizzare i barbari e lo ordinò vescovo nel 341. Ulfila tradusse la bibbia in lingua Germanica, inventò l'alfabeto gotico per poterla scrivere su pergamena senza usare le rune, predicò presso il suo popolo politeista subendo per questo anche una condanna all'esilio. Eppure ce la fece: alla sua morte i Goti erano un popolo cristiano ariano, ed il loro esempio venne seguito da quasi tutte le tribù germaniche. Al contrario nell'Impero Romano l'eresia ariana venne pressoché completamente sradicata ora della fine del IV secolo.

All'epoca dei regni romano-barbarici, l'Arianesimo era diventato un forte elemento con cui gli invasori marcavano la loro distanza dai popoli cattolici autoctoni. Era così anche presso i Longobardi, almeno fino al 589, quando il loro re Autari sposò la cattolica Teodolinda. Solo allora cominciò una lenta conversione al Cattolicesimo, di cui la chiesa di Santa Maria Foris Portas è appunto una testimonianza.

Il maestro di Castelseprio

In mancanza di documenti scritti dell'epoca, non sappiamo chi sia l'autore degli affreschi di Castelseprio. Certamente si trattava di una artista di altissimo livello, infatti le sue opere sono considerate tra le più belle di tutto l'Alto Medioevo. Vari indizi fanno pensare che fosse di origine medio-orientale: in primis lo stile pittorico e le fattezze dei personaggi, ma anche soggetti come il Cristo Pantocratore e l'Etimasìa. Inoltre, quando furono scoperti gli affreschi, sopra la figura di una levatrice si riusciva ancora a leggere un'iscrizione "EMEA", traslitterazione del greco ἡ μαῖα, "la levatrice". Ciò fa pensare che il maestro conoscesse il greco, lingua dell'Impero Romano d'Oriente.

Come un artista orientale sia arrivato fino a Castelseprio non è del tutto chiaro. Prendendo per buona la datazione degli affreschi al secolo VIII o IX, dobbiamo considerare che a quell'epoca in Oriente ed Occidente erano preponderanti due tendenze artistiche oppose.

Nel 726 l'imperatore bizantino Leone III Isaurico aveva avviato una politica di iconoclastia. Nel suo impero il culto delle icone sacre, nato come da fenomeno devozionale, stava degenerando in superstizione ed idolatria. Preoccupato che il Cristianesimo finisse per essere screditato e che al suo posto prendesse piede l'Islam, Leone III aveva decretato il divieto di realizzare immagini sacre. Tra alterne vicende, e nonostante la condanna della chiesa romana, l'iconoclastia bizantina proseguì fino all'anno 843.

All'opposto in Occidente i Franchi si erano convertiti dal politeismo alla religione cattolica senza passare per l'arianesimo e cercavano un'alleanza con il papato. Nel 774 deposero Desiderio, l'ultimo re dei Longobardi, e presero il potere sul loro regno. I Franchi erano grandi ammiratori dell'arte classica e non è da escludere che, almeno inizialmente, abbiano fatto ricorso a maestranze straniere per realizzare le opere di maggior pregio.

È plausibile quindi che l'autore degli affreschi fosse emigrato da Bisanzio per persecuzione o mancanza di commesse, ed avesse invece trovato i Franchi ad accoglierlo a braccia aperte e a commissionargli un lavoro a Castelseprio, che era pur sempre un importante centro militare e commerciale del Nord Italia.

Le scene del Protovangelo di Giacomo negli affreschi

Come abbiamo detto, uno dei temi fondamentali degli affreschi è l'Incarnazione, raffigurata con un ciclo di nove scene: Annunciazione e Visitazione, prova dell'acqua amara, sogno di Giuseppe, viaggio a Betlemme, Natività, Adorazione dei Magi, presentazione di Gesù al Tempio e due scene irreparabilmente perdute.

Osservandole in dettaglio, si notano piccoli dettagli rivelatori che dimostrano che l'artista non si è ispirato solo ai vangeli canonici, ma anche al Vangelo dell'Infanzia di Giacomo, testo apocrifo di cui abbiamo già parlato nell'articolo sulle fonti iconografiche della Natività ed in quello sul confronto tra Vangeli e Corano.

Questa scelta potrebbe sembrare strana: perché decorare un luogo di culto con un testo che non è considerato attendibile dalla Chiesa stessa? In realtà, benché non canonico, il Protovangelo di Giacomo era un testo piuttosto diffuso tra i Cristiani d'Oriente. Narra con profusione di dettagli e con religiosa ammirazione la vita di Maria, insistendo molto sulla sua verginità perpetua. È scritto con un tono poetico, a tratti quasi fiabesco, che colpisce il lettore e si presta ad una trasposizione grafica.

Annunciazione e Visitazione

[Scene dell'Annunciazione e della Visitazione negli affreschi della
chiesa di Santa Maria Foris Portas a Castelseprio]

Le scene dell'Annunciazione e della Visitazione.

Osserviamo ora più in dettaglio queste scene, cominciando dall'Annunciazione. I dettagli rivelatori sono tre: a differenza di quanto descritto in Luca, la scena è ambientata fuori casa; inoltre Maria ha ai suoi piedi un gomitolo di filo rosso ed un'anfora. Nel Protovangelo di Giacomo leggiamo infatti:

Presa la brocca, uscì a attingere acqua. Ed ecco una voce che diceva: «Gioisci, piena di grazia, il Signore è con te, benedetta tu tra le donne». Essa guardava intorno, a destra e a sinistra, donde venisse la voce. Tutta tremante se ne andò a casa, posò la brocca e, presa la porpora, si sedette sul suo scanno e filava.

Ed ecco un angelo del Signore si presentò dinanzi a lei, dicendo: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia davanti al Padrone di tutte le cose, e concepirai per la sua parola». Ma essa, all'udire ciò rimase perplessa, pensando: «Dovrò io concepire per opera del Signore Iddio vivente, e partorire poi come ogni donna partorisce?»

L'angelo del Signore, disse: «Non così, Maria! Ti coprirà, infatti, con la sua ombra, la potenza del Signore. Perciò l'essere santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio dell'Altissimo. Gli imporrai il nome Gesù, poiché salverà il suo popolo dai suoi peccati». Maria rispose: «Ecco l'ancella del Signore davanti a lui. Mi avvenga secondo la tua parola».

Vangelo dell'Infanzia di Giacomo 11:1-3

Di fianco all'Annunciazione, senza soluzione di continuità, troviamo la scena della visitazione, fortemente danneggiata. Notiamo che la scena avviene fuori dalla casa di Zaccaria, ed anche questo testimonia che l'opera a cui si ispira il Maestro di Castelseprio è il protovangelo di Giacomo e non Luca. Infatti:

Maria si rallegrò e andò da Elisabetta sua parente: picchiò all'uscio. Udito che ebbe, Elisabetta gettò via lo scarlatto, corse alla porta e aprì: veduta Maria, la benedisse, dicendo: «Donde a me questo dono, che venga da me la madre del mio Signore? Ecco, infatti, che colui che è in me ha saltellato e ti ha benedetta» [...]

Vangelo dell'Infanzia di Giacomo 12:2

Invece in Luca:

In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore».

Luca 1:39-45

La prova dell'acqua amara

[Scena della prova dell'acqua amara negli affreschi della chiesa di
Santa Maria Foris Portas a Castelseprio]

La prova dell'acqua amara.

La seconda scena rappresenta un episodio di cui non si trova traccia nei vangeli canonici: Maria è intenta a bere da una brocca d'acqua portale da un sacerdote. Secondo il vangelo dell'Infanzia di Giacomo, Maria e Giuseppe furono accusati di aver consumato un rapporto, ma poiché si rifiutavano di confessare, vennero sottoposti ad un'ordalia. Il sacerdote diede loro da bere un'acqua che li avrebbe resi deformi se fossero stati realmente colpevoli:

Il sacerdote disse: «Restituisci la vergine che hai ricevuto dal tempio del Signore». Giuseppe versò allora calde lacrime. Il sacerdote proseguì: «Vi darò da bere l'acqua della prova del Signore che manifesterà ai vostri occhi i vostri peccati». E presala, il sacerdote la fece bere a Giuseppe e lo mandò verso la collina: e tornò poi sano e salvo. La fece bere anche a Maria e la mandò verso la collina: e tornò sana e salva. E tutto il popolo si stupì che non fosse apparso in loro alcun peccato. Disse allora il sacerdote: «Il Signore non ha manifestato i vostri peccati. Neppure io vi giudico». E li rimandò. Giuseppe riprese Maria e tornò pieno di gioia a casa sua glorificando il Dio di Israele.

Vangelo dell'Infanzia di Giacomo 16

Un rituale di questo tipo è descritto nel libro dei Numeri:

Il Signore aggiunse a Mosè:

«Parla agli Israeliti e riferisci loro: se una donna si sarà traviata e avrà commesso una infedeltà verso il marito e un uomo avrà avuto rapporti con lei, ma la cosa è rimasta nascosta agli occhi del marito; se essa si è contaminata in segreto e non vi siano testimoni contro di lei perché non è stata colta sul fatto, qualora lo spirito di gelosia si impadronisca del marito e questi diventi geloso della moglie che si è contaminata oppure lo spirito di gelosia si impadronisca di lui e questi diventi geloso della moglie che non si è contaminata, quell'uomo condurrà la moglie al sacerdote e porterà una offerta per lei: un decimo di efa di farina d'orzo; non vi spanderà sopra olio, né vi metterà sopra incenso, perché è un'oblazione di gelosia, un'offerta commemorativa per ricordare una iniquità.

Il sacerdote farà avvicinare la donna e la farà stare davanti al Signore. Poi il sacerdote prenderà acqua santa in un vaso di terra; prenderà anche polvere che è sul pavimento della Dimora e la metterà nell'acqua. Il sacerdote farà quindi stare la donna davanti al Signore, le scoprirà il capo e porrà nelle mani di lei l'oblazione commemorativa, che è l'oblazione di gelosia, mentre il sacerdote avrà in mano l'acqua amara che porta maledizione.

Il sacerdote farà giurare quella donna e le dirà: "Se nessun uomo ha avuto rapporti disonesti con te e se non ti sei traviata per contaminarti ricevendo un altro invece di tuo marito, quest'acqua amara, che porta maledizione, non ti faccia danno! Ma se ti sei traviata ricevendo un altro invece di tuo marito e ti sei contaminata e un uomo che non è tuo marito ha avuto rapporti disonesti con te..."

Allora il sacerdote farà giurare alla donna con un'imprecazione; poi dirà alla donna: "Il Signore faccia di te un oggetto di maledizione e di imprecazione in mezzo al tuo popolo, facendoti avvizzire i fianchi e gonfiare il ventre; quest'acqua che porta maledizione ti entri nelle viscere per farti gonfiare il ventre e avvizzire i fianchi!" E la donna dirà: "Amen, Amen!"

Poi il sacerdote scriverà queste imprecazioni su un rotolo e le cancellerà con l'acqua amara. Farà bere alla donna quell'acqua amara che porta maledizione e l'acqua che porta maledizione entrerà in lei per produrle amarezza; il sacerdote prenderà dalle mani della donna l'oblazione di gelosia, agiterà l'oblazione davanti al Signore e l'offrirà sull'altare; il sacerdote prenderà una manciata di quell'oblazione come memoriale di lei e la brucerà sull'altare; poi farà bere l'acqua alla donna.

Quando le avrà fatto bere l'acqua, se essa si è contaminata e ha commesso un'infedeltà contro il marito, l'acqua che porta maledizione entrerà in lei per produrre amarezza; il ventre le si gonfierà e i suoi fianchi avvizziranno e quella donna diventerà un oggetto di maledizione in mezzo al suo popolo. Ma se la donna non si è contaminata ed è pura, sarà riconosciuta innocente e avrà figli».

Numeri 5:11-28

Il sogno di Giuseppe

[Un angelo appare in sogno a Giuseppe per rivelargli la natura divina
del figlio che Maria porta in grembo.  Scena dagli affreschi della
chiesa di Santa Maria Foris Portas a Castelseprio]

Un angelo appare in sogno di Giuseppe.

La scena seguente raffigura il sogno con cui Giuseppe viene ragguagliato circa la natura del figlio di Maria. L'episodio è descritto in Matteo e riportato senza sostanziali modifiche nel Vangelo dell'Infanzia di Giacomo:

Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.

Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.

Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.

Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

Matteo 1:18-21

Il sogno negli affreschi è rappresentato dopo la prova dell'acqua amara, anziché prima come nel testo originale. Forse l'artista ha voluto dedicare alla figura di Maria gli spazi alla destra del Pantocratore.

Il viaggio verso Betlemme

[Maria e Giuseppe in viaggio verso Betlemme per il censimento.  Scena
dagli affreschi della chiesa di Santa Maria Foris Portas a
Castelseprio]

Il viaggio verso Betlemme di Giuseppe e Maria.

Nella scena del viaggio verso Betlemme troviamo Maria in sella ad un asino e Giuseppe che la segue a piedi; tra i due c'è un intenso scambio di sguardi. Davanti a loro sono presenti le tracce incomplete di una terza figura. La rappresentazione dell'episodio è chiaramente mutuata dal Protovangelo. Qui troviamo il particolare dell'asino e ci viene spiegato che a precedere gli sposi è un figlio avuto da Giuseppe nel suo precedente matrimonio (secondo l'apocrifo, infatti, Giuseppe era vedovo). Lo sguardo trasognato di Maria che vediamo nell'affresco è una efficace rappresentazione del suo stato d'animo, che, come dice lo pseudo-Giacomo, alterna momenti di gioia ad altri di pianto. Nel Protovangelo l'altalena di sentimenti di Maria è attribuita ad una visione, però ciò che resta fissato nel dipinto è il tocco di profonda umanità, il naturale turbamento di una donna che sta per dare alla luce il suo primo figlio.

Sellò l'asino e vi fece sedere Maria: il figlio di lui tirava la bestia e Giuseppe li accompagnava. Giunti a tre miglia, Giuseppe si voltò e la vide triste; disse tra sé: "Probabilmente quello che è in lei la travaglia". Voltatosi nuovamente, vide che rideva. Allora le domandò: «Che cosa hai, Maria, che vedo il tuo viso ora sorridente e ora rattristato?». Maria rispose a Giuseppe: «E' perché vedo, con i miei occhi, due popoli: uno piange e fa cordoglio, l'altro è pieno di gioia e esulta».

Vangelo dell'Infanzia di Giacomo 17:2

Natività

[Natività, miracolo di Salome, lavanda di Gesù e annuncio ai pastori.
Scena dagli affreschi della chiesa di Santa Maria Foris Portas a
Castelseprio]

La complessa scena della natività. A sinistra vediamo raffigurato il miracolo della mano disseccata che ha come protagoniste la levatrice Salome e Maria. Subito sopra, il bambino Gesù in una mangiatoia. Più in basso, due levatrici lavano Gesù neonato. A destra troviamo Giuseppe ed un angelo che annuncia la buona novella ai pastori.

Sotto il viaggio a Betlemme troviamo la scena madre del ciclo di affreschi: una sofisticata rappresentazione della Natività in cui si fondono vari elementi presi sia dal Protovangelo di Giacomo sia da fonti canoniche. Maria è raffigurata dopo il parto, distesa in una grotta ed assistita da una levatrice, con la mano protesa nell'atto di visitare la puerpera. Secondo il Protovangelo, infatti, Maria fu visitata da due levatrici: la prima ne constatò la verginità, mentre la seconda, di nome Salome, restando incredula, volle verificare personalmente.

Uscita dalla grotta l'ostetrica si incontrò con Salome, e le disse: «Salome, Salome! Ho un miracolo inaudito da raccontarti: una vergine ha partorito, ciò di cui non è capace la sua natura». Rispose Salome: «Come è vero che vive il Signore, se non ci metto il dito e non esamino la sua natura, non crederò mai che una vergine abbia partorito».

Entrò l'ostetrica e disse a Maria: «Mettiti bene. Attorno a te, c'è, infatti, un non lieve contrasto». Salome mise il suo dito nella natura di lei, e mandò un grido, dicendo: «Guai alla mia iniquità e alla mia incredulità, perché ho tentato il Dio vivo ed ecco che ora la mia mano si stacca da me, bruciata».

E piegò le ginocchia davanti al Signore, dicendo: «Dio dei miei padri, ricordati di me che sono stirpe di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Non fare di me un esempio per i figli di Israele, ma rendimi ai poveri. Tu, Padrone, sai, infatti, che nel tuo nome io compivo le mie cure, e la mia ricompensa la ricevevo da te».

Ed ecco apparirle un angelo del Signore, dicendole: «Salome, Salome! Il Signore ti ha esaudito: accosta la tua mano al bambino e prendilo su, e te ne verrà salute e gioia».

Salome si avvicinò e lo prese su, dicendo: «L'adorerò perché a Israele è nato un grande re». E subito Salome fu guarita e uscì dalla grotta giustificata. Ed ecco una voce che diceva: «Salome, Salome! Non propalare le cose meravigliose che hai visto, sino a quando il ragazzo non sia entrato in Gerusalemme».

Vangelo dell'Infanzia di Giacomo 19:3, 20:1-4

Tornando agli affreschi, ai piedi di Maria troviamo una scena molto rara nell'iconografia cristiana: la lavanda del bambino Gesù effettuata dalle due ostetriche. Questo episodio non è narrato nel protovangelo, ma è possibile che si trattasse di un'antica leggenda derivata proprio da questo testo apocrifo. Infatti già San Girolamo si sente in dovere di smentirne la veridicità:

Non vi fu nessuna ostetrica. Nessuna donna porse aiuto. Lei stessa [Maria, ndr] avvolse il bambino in fasce: lei stessa fu madre e ostetrica.

San Girolamo, Contro Elvidio

Sopra la figura di Maria ritroviamo di nuovo il bambino Gesù, questa volta deposto in una mangiatoia e scaldato da un bue a da un asino. Questo particolare è tratto dal Vangelo dell'Infanzia dello pseudo-Matteo, un apocrifo di datazione incerta derivato dal Protovangelo di Giacomo e dal Vangelo dell'infanzia di Tommaso.

Tre giorni dopo la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, la beatissima Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla, depose il bambino in una mangiatoia, ove il bue e l'asino l'adorarono [...]

Vangelo dell'Infanzia dello pseudo-Matteo 14:1

Infine un angelo annuncia la buona novella ai pastori: questo episodio non si trova nel Protovangelo, però è presente in Luca.

C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore.»

Luca 2:8-11

Adorazione dei Magi

[La scena dell'adorazione dei Magi negli affreschi della chiesa di
Santa Maria Foris Portas a Castelseprio]

Adorazione dei magi.

Di fianco alla Natività, sul retro dell'arco di trionfo, troviamo l'adorazione dei Magi. Ancora una volta l'affresco sembra più fedele al Protovangelo, da cui viene ripreso un elemento chiave: l'ambientazione in una grotta.

Ed ecco che la stella che avevano visto nell'oriente li precedeva fino a che giunsero alla grotta, e si arrestò in cima alla grotta. I magi, visto il bambino con Maria sua madre, trassero fuori dei doni dalla loro bisaccia: oro, incenso e mirra.

Vangelo dell'Infanzia di Giacomo 21:3

Secondo Matteo, invece, l'episodio avviene in una casa:

Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.

Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia.

Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.

Matteo 2:9-11

Presentazione di Gesù al tempio

[Presentazione di Gesù al Tempio di Gerusalemme e profezia del vecchio
Simeone. Scena degli affreschi della chiesa di Santa Maria Foris
Portas a Castelseprio]

Presentazione di Gesù al Tempio e profezia di Simeone.

Il ciclo si chiude con un'altra celeberrima scena: la presentazione di Gesù al Tempio. Colpisce qui la figura del vecchio Simeone, curvo e coi lunghi capelli canuti. Il suo sguardo velato dal peso della vecchiaia è tutto per il piccolo Gesù, "conforto d'Israele". L'episodio è descritto con dovizia di dettagli in Luca.

Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.

Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio:

«Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele».

Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima».

C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

Luca 2:22-39

Le scene mancanti

Gli affreschi sotto alle scene dell'Annunciazione e della Visitazione sono purtroppo andati perduti quando, nel 1300, vennero scalpellati per preparare il fondo di un nuovo ciclo di affreschi. Possiamo solo speculare su quale potrebbe essere stato il loro soggetto.

Visto che gli affreschi seguono in maniera piuttosto fedele il protovangelo, le ultime due scene potrebbero rappresentare gli ultimi due episodi di questo testo: la strage degli innocenti e le fughe di Maria ed Elisabetta per mettere in salvo i propri figli. In alternativa, visto che alla destra del Pantocratore ci sono episodi di cui è protagonista Maria, forse lì si trovavano scene anteriori all'Annunciazione: la nascita di Maria, la sua presentazione al tempio o lo sposalizio con Giuseppe.

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